In un contesto di profondi cambiamenti, tra le modificazioni anche repentine del clima che costringono la viticoltura a spostarsi “più in alto e più a nord” e mettono alla prova i vigneti provocando risposte non sempre in linea con gli obiettivi di riduzione dell’apporto di prodotti fitosanitari, ha ancora senso parlare di paesaggio vitivinicolo?
La risposta sta nel prendere atto che, come tutte le vicende umane e soprattutto quelle naturali, il paesaggio viticolo, anche quello consolidato delle zone più celebrate e tradizionalmente vocate, non è immutabile. E tuttavia, può essere conservato e valorizzato per mezzo di un approccio moderno, dove l’utilizzo dei dati e delle nuove tecnologie è premessa indispensabile per governare la trasformazione del paesaggio agricolo e vitivinicolo e mantenere inalterati, nel cambiamento, quegli elementi (c.d. “iconemi”) che ne fanno un’opera d’arte, prodotto insieme della natura e dell’uomo.
Tanto la normativa quanto la giurisprudenza, europea ed italiana, stanno abbracciando questo concetto di gestione del paesaggio dinamica e integrata, attraverso misure che non ne contrastino il cambiamento e la modificazione, ma lo indirizzino verso obiettivi che coniughino valorizzazione, conservazione, sostenibilità e difesa dei suoi elementi essenziali e dei suoi valori anche culturali.
L’Avv Filippo Moreschi è intervenuto per illustrare questi concetti, a partire da esempi concreti e virtuosi, come il Rapporto Ambientale reso nella Valutazione Ambientale Strategica del Piano Paesaggistico adottato recentemente dal Friuli Venezia Giulia. Una regione particolarmente vocata alla viticoltura (la percentuale di suolo vitato è il doppio rispetto alla media nazionale) ma che però si sforza di conservare e sviluppare – attraverso precisi e codificati criteri di monitoraggio – il costante equilibrio ambientale, economico e sociale di tutti i multiformi paesaggi da cui è costituita, tra le trame collinari vitate del Collio o le malghe e i prati stabili degli ambiti dolomitici.